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Pubblicato: 29/10/2020 da redazione



Covid e riabilitazione cardiologica

Come cambia la riabilitazione cardiologica nell'epoca del Covid?
 
Dott.ssa Antonella Cherubini
 

La riabilitazione cardiologica è l’anello di congiunzione tra l’ospedale e il domicilio per il paziente cardiopatico dimesso dalla Cardiologia.

Per riabilitazione cardiologica si intende un “programma di attività coordinate: valutazione medica, ottimizzazione della terapia, prescrizione dell’attività fisica, riduzione dei fattori di rischio cardiovascolari, educazione e counselling, che apportano beneficio alla malattia cardiovascolare e migliorano le condizioni fisiche, mentali e sociali, consentendo di preservare o recuperare un’attività migliore nella comunità”.

la riabilitazioneI pazienti con cardiopatia ischemica dopo una sindrome coronarica acuta (infarto miocardico, angina instabile), con scompenso cardiaco e recente ricovero, i cardio-operati di by pass aortocoronarico e/o di sostituzione valvolare vengono presi in carico dalla riabilitazione cardiologica dopo la dimissione ospedaliera.
Per i pazienti più fragili può essere necessaria una fase di riabilitazione degenziale.

Prima di iniziare il percorso riabilitativo i pazienti devono essere stabili in terapia, avere un adeguato controllo della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e delle aritmie, dei sintomi di angina e scompenso cardiaco.

Il processo riabilitativo inizia con una visita cardiologica, vengono programmati il controllo degli esami di laboratorio, dell’ecocardiogramma per valutare la funzione cardiaca e alterazioni valvolari, il test da sforzo per escludere ischemia, valutare le aritmie e dare indicazioni sull’attività fisica da svolgere.

La collaborazione con diverse figure professionali consente la presa in carico e valutazione globale del paziente. Gli infermieri eseguono una valutazione infermieristica per l'identificazione dei bisogni assistenziali e sociali, informano il paziente sui fattori di rischio cardiovascolari, educano al monitoraggio domiciliare e adeguato stile di vita, verificano la corretta e continuativa assunzione delle terapie, favoriscono una graduale autogestione delle terapie stesse sulla base dei parametri di pressione arteriosa e frequenza cardiaca. I fisioterapisti valutano il paziente, le abitudini di vita, la capacità funzionale, la coordinazione, le limitazioni osteoarticolari e avviano un percorso di riabilitazione con monitoraggio elettrocardiografico sulla base delle caratteristiche individuali. La psicologa valuta la qualità della vita del paziente mediante appositi test, l’accettazione della malattia e l’aderenza alla terapia, guida nel percorso di sospensione dal fumo e supporta l’aderenza ai programmi alimentari, di attività fisica e terapeutici. La dietista infine imposta un programma alimentare personalizzato, che possa essere mantenuto a lungo termine (e non solo per il primo periodo dopo l’infarto).

Nel paziente dopo infarto miocardico la partecipazione alla riabilitazione cardiologica ha dimostrato il miglioramento dei sintomi, della capacità funzionale, la riduzione della mortalità e delle riospedalizzazioni. In coloro che hanno subito uno scompenso cardiaco la riabilitazione cardiologica determina un miglioramento della qualità della vita, riduzione dell’ospedalizzazione e a lungo termine un trend di riduzione della mortalità.

La recente pandemia Covid ha inevitabilmente determinato la riduzione della presa in carico dei pazienti cardiopatici in riabilitazione cardiologica. Di conseguenza, per quelli stabili, più giovani e già abituati a svolgere attività fisica, sono stati ideati dei percorsi di riabilitazione “breve” con sedute in palestra con monitoraggio; successivamente viene formulato un programma personalizzato, che consente la prosecuzione per conto proprio, con contatti settimanali della fisioterapista che verifica l’attività svolta, i parametri vitali ed eventuali difficoltà riscontrate. Alla fine del percorso, si raccomanda di proseguire l’attività anche a domicilio, seguire le indicazioni dietetiche e continuare con l’autocontrollo della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e del peso.

Nella pratica clinica però si osserva che in più della metà dei pazienti l’aderenza alle terapie e agli stili di vita sani si riduce drasticamente dopo il primo anno dal ricovero.

Le ultime linee guida europee raccomandando che anche i pazienti cardiopatici svolgano adeguata attività fisica, se stabili, previa valutazione medica: ginnastica (di intensità personalizzata), bicicletta, corsa leggera e nuoto. Quella più semplice e disponibile a tutti è la camminata (almeno 3 volte alla settimana per 30 minuti o più, complessivamente per circa due ore e mezza alla settimana).

L’attività fisica svolta regolarmente migliora l’apparato cardiovascolare (riduce la pressione, la frequenza cardiaca), quello respiratorio (migliora la respirazione), osteoarticolare (migliora la forza muscolare, l’agilità e l’equilibrio), il controllo metabolico (riduce la glicemia, aumenta il colesterolo buono), riduce lo stress e contribuisce al calo di peso.