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Pubblicato: 01/03/2017 da



Alcuni cibi vegetali per la salute del cuore della Dott.ssa Annarita Aiuto


Alcuni fattori di rischio, che influenzano direttamente e indirettamente il rischio cardiovascolare, sono tipici della dieta occidentale.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, l’incidenza delle malattie cardiovascolari nei Paesi industrializzati dell’Europa registrò un drastico calo, apparentemente dovuto al passaggio ad una dieta più semplice, quasi spartana, con un ridotto apporto di cibi animali e raffinati. Gli studi autoptici condotti in Europa rivelarono una regressione della placca arteriosclerotica durante la Guerra e nel periodo postbellico. Si notò, tuttavia, la ricomparsa di placche all’incirca 15 anni più tardi, con il progressivo diffondersi in molti Paesi Europei del tipico stile di vita ricco Americano.


Alcuni cibi vegetali “poveri” hanno dimostrato una certa utilità nel ridurre i livelli di colesterolo o di pressione sanguigna. Andiamo allora a scoprirne qualcuno e a capire come usarli in cucina.

barbabietola salute del cuoreLa barbabietola appartiene alla stessa famiglia di bietole e spinaci (Chenopodiacee) ma a differenza di questi della barbabietola si mangia anche la radice, oltre alle foglie che hanno un gusto intenso e leggermente amaro simile a quello della bietola, e un valore nutritivo superiore a quello della radice (in particolare contengono molto più ferro e calcio). Il colore caratteristico della barbabietola è rosso scuro a tratti violaceo, ma ve ne sono anche di bianche, rosate o dorate. Si può mangiare sia cotta che cruda, un ottimo modo per sfruttare al massimo le sue proprietà è utilizzarla sotto forma di succo fresco. Secondo la medicina cinese, che si basa sul sistema delle corrispondenze, il colore rosso della barbabietola indica che è affine al cuore e pertanto utile al buon funzionamento del sistema cardiovascolare.

Come spesso accade gli studi scientifici lo confermano, infatti è stato ampiamente dimostrato che i nitriti contenuti nella barbabietola si trasformano in ossido nitrico, una molecola che ha un effetto vasodilatatore e pertanto riduce la pressione sanguigna e favorisce il flusso di sangue a tutti i tessuti. Questo effetto è molto utile anche in ambito sportivo. Recenti studi suggeriscono che un notevole supplemento di nitrati attraverso la somministrazione di mezzo litro di succo di barbabietola migliorerebbe la performance atletica, in particolare nei ciclisti. L’ossido nitrico, oltre a permettere un maggiore aflusso di sangue ai tessuti, diminuisce la richiesta di ossigeno da parte dei muscoli.

Tutto ciò favorisce l’attività muscolare durante l’esercizio migliorando la resistenza fisica. Oltre all’ossido nitrico il succo di barbabietola contiene anche altri composti metabolicamente attivi, tra cui la betaina, diversi antiossidanti e polifenoli. Grazie alla presenza di alcuni di questi composti, che stimolano i processi di disintossicazione del fegato, per lungo tempo la barbabietola è stata utilizzata per curare i disturbi di quest’organo. Inoltre la betacianina, il pigmento che le conferisce il color rosso purpureo, sembra svolgere una potente azione anticancerogena. In particolare, grazie anche all’effetto positivo delle sue fibre sulle funzioni dell’intestino e sui i livelli di colesterolo, ha dimostrato avere un ruolo protettivo nei confronti del tumore al colon.

In seguito all’assunzione delle barbabietole alcune persone possono presentare una colorazione rosastra delle urine e delle feci, fenomeno del tutto innocuo. Le barbabietole di buona qualità devono presentare le parti verdi intatte e fresche. Foglie leggermente flosce possono ritornare fresche se messe in un recipiente d’acqua in frigorifero. Le barbabietole fresche con le foglie attaccate si mantengono in frigo per 3-5 giorni, mentre quelle prive di foglie per 2-4 settimane. Pertanto è consigliabile tagliare le foglie (lasciando 5 cm di gambo) affinché non sottraggano umidità alla radice. In questo modo le foglie non lavate dureranno in frigo per circa 4 giorni e potranno essere cucinate come degli spinaci. Le radici vanno sciacquate delicatamente in acqua corrente, dopodiché possono venire utilizzate crude, grattugiate nelle insalate o spremute insieme ad altre verdure e frutta, oppure si possono cucinare a vapore o saltate in padella.


 

Il topinambur, nonostante il nome esotico, viene coltivato anche in Italia; è un tubero commestibile di una pianta originaria dell’America che appartiene alla famiglia delle margherite (Composite) e che in realtà è una varietà di girasole. E’ molto saporito con un retrogusto simile a quello dei carciofi, che può essere consumato in alternativa alla patate, con un contenuto calorico inferiore e molti benefìci per la salute. In confronto alla patata esercita effetti più favorevoli sulla glicemia, poiché i carboidrati complessi che contiene sono formati non da amido, come nella patata, ma da inulina, un polisaccaride costituito prevalentemente da fruttosio, che risulta indigeribile per l’uomo (fibra). Per questo il topinambur risulta utile nel controllo dei valori dello glucosio e del colesterolo nel sangue.

E’ una fonte ricca di minerali come ferro, rame, potassio, molibdeno e magnesio. Fornisce una buona gamma delle vitamine del gruppo B. Benché l’inulina non venga utilizzata dall’organismo, nel tratto intestinale fornisce nutrimento ai batteri benefici, in particolare promuove la crescita dei bifidobatteri che si ritengono fondamentali per mantenere l’equilibrio della microflora intestinale, in quanto sono efficaci inibitori di molti organismi patogeni, inoltre hanno dimostrato di avere un’attività antitumorale, di aiutare a ridurre i livelli di colesterolo e di poter fornire alcune vitamine del gruppo B. L’inulina conferisce ai topinambur anche una a certa attività immunostimolante, ma può provocare flatulenza o feci molle, pertanto è importante introdurre i topinambur nella dieta in quantità moderate, in modo da permettere all’intestino di abituarsi.

I topinambur, una volta raccolti, si conservano in frigorifero avvolti in tovaglioli che ne assorbono l’umidità, e si consiglia di consumarli entro una settimana. Prepararli è semplice: visto che è preferibile consumarli con la buccia, vanno semplicemente spazzolati con una spazzola vegetale; se non sono biologici è meglio metterli prima a bagno in una soluzione leggera di detergente per alimenti. Dopodiché possono essere cotti al forno, a vapore, fritti, stufati o leggermente saltati in padella. Poiché cuociono più velocemente delle patate possono ridursi in poltiglia nel giro di pochi minuti, bisogna quindi controllarli e togliere dal fuoco appena si possono trapassare facilmente con una forchetta. Si possono anche bollire interi per 10-15 minuti e poi schiacciare e condire per essere utilizzati come contorno al posto delle patate o per addensare minestre o per ottenere una zuppa cremosa. Si possono utilizzare crudi nelle insalate o nelle centrifughe.


Dott.ssa Annarita Aiuto

Chimica farmaceutica e consulente alimentare specializzata in alimentazione vegetariana e Dietetica Cinese