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Pubblicato: 22/12/2016 da



NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI E CARDIOVERSIONE: QUALI NOVITA’ di Carmine Mazzone

La cardioversione elettrica (CVE) è una metodica largamente utilizzata per il tentativo di ripristino del ritmo sinusale nei pazienti (pz) con fibrillazione atriale. La procedura, attuata senza previa anticoagulazione, comporta un rischio di eventi tromboembolici del 5-7%, che si riduce allo 0.5-1.6% con la scoagulazione. La CVE ha elevate percentuali di successo e viene utilizzata sia in emergenza, quando le condizioni di instabilità emodinamica dei pz non permettono di attendere, sia programmata: a. con protocollo “accelerato”, per cui si inizia la terapia anticoagulante, si sottopone il paziente ad un ecocardiogramma transesofageo per escludere la presenza di trombosi dell’atrio sinistro e/o dell’appendice auricolare, dopodichè si può attuare la procedura, seguita da almeno 4 settimane di scoagulazione; b. con protocollo standard “ritardato”, per cui dopo 3 settimane di scoagulazione adeguata, il paziente viene sottoposto alla CVE e prosegue poi il trattamento per almeno 4 settimane. Se la scoagulazione non è adeguata nelle tre settimane precedenti la CVE, la procedura deve essere rimandata. In letteratura viene riportato che la CVE viene rimandata nel 25-41% circa dei casi (1,2).


Possiamo iniziare un anticoagulante orale non vitamina K dipendente (NOAC) in previsione della CVE?


Lo studio X-VERT (eXplore the efficacy and safety of once-daily oral riVaroxaban for the prevention of caRdiovascular events in patients with nonvalvular aTrial fibrillation scheduled for cardioversion) (3) è uno studio internazionale, multicentrico, prospettico, condotto su 1.504 pazienti con fibrillazione atriale non valvolare (FANV) sottoposti a CVE e randomizzati a warfarin o rivaroxaban (20mg die o 15mg die, se la clearance della creatinina era tra 30-49ml/min). L'uso di rivaroxaban ha comportato l'esecuzione della CVE in tempi più rapidi e meglio programmabili (22 giorni con rivaroxaban vs 30 giorni con warfarin). L'incidenza di ictus (0.51% nel gruppo rivaroxaban e 1.02% nel gruppo warfarin) e di emorragie maggiori (0.6% nel gruppo rivaroxaban e 0.8% nel gruppo warfarin) è risultata molto bassa in entrambi i gruppi. E' esperienza comune nella pratica clinica che in corso di terapia anticoagulante con warfarin i tempi per l'esecuzione della CVE spesso si prolungano, essendo necessario attendere che il pz abbia raggiunto una stabilità dell'INR, in range terapeutico tra 2 e 3, per almeno tre settimane consecutive (1,2). Il trattamento con rivaroxaban è stato in grado di ridurre il numero delle procedure cancellate/posticipate rispetto a quanto accadeva con warfarin. E’ stata eseguita un’analisi per valutare la soddisfazione dei pazienti ed è risultato che il trattamento con rivaroxaban versus warfarin è stato associato con una soddisfazione significativamente superiore, Inoltre l'impatto economico della terapia con rivaroxaban versus warfarin nella CVE programmata (modello di budget analysis per valutare l'impatto delle CVE postposte sui costi ospedalieri) è risultato associato a un risparmio di €360 per pz nello scenario italiano (€924 verso €1289, rispettivamente). La riduzione del tasso di procedure posposte o annullate può portare a vantaggi significativi per il pz, inclusi minori tempi di attesa per la CVE e giornate di lavoro perse, oltre a permettere una migliore organizzazione ospedaliera, con riduzione dei costi e delle liste di attesa (4).


Rivaroxaban nella CVE : Piano terapeutico AIFA


Il recente aggiornamento della scheda tecnica del rivaroxaban ha recepito le evidenze scientifiche e, al momento, rivaroxaban è l'unico NOAC a poter essere utilizzato nei pazienti con FANV da sottoporre a CVE sia naïve alla terapia anticoagulante, sia in terapia con rivaroxaban o altro anticoagulante e può essere utilizzato sia nei pz che vanno incontro a CVE con protocollo “accelerato” (sottoposti a CVE guidata da ecografia transesofagea) che “ritardato”. Anche AIFA ha recepito questi risultati ed è stata quindi pubblicata in Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n.233 del 5-10-2016) la rimborsabilità per la CVE di rivaroxaban. Pertanto il criterio della CVE (sia in urgenza che programmata) si aggiunge ai tre criteri di eleggibilità già esistenti. Il rivaroxaban deve essere assunto almeno 4 ore prima di una procedura. Dopo la CVE il farmaco poi può essere continuato fino a sei mesi, ipotizzando probabilmente che questo sia l’intervallo di tempo in cui si verificano più frequentemente le recidive aritmiche. Alla rivalutazione e se il paziente è in ritmo sinusale il piano terapeutico va a scadenza, se è in FANV può essere rinnovato.

 

Quali altri dati sono disponibili o lo saranno nei prossimi mesi sugli anticoagulanti orali non vitamina K dipendenti (NOAC) per il loro uso nella CVE?


Nei trial registrativi dei NOAC, anche se non espressamente previsto come end-point, è stato possibile raccogliere dati sulla CVE, perché utilizzata su alcune centinaia di pazienti, sia con il dabigatran (1983 CVE su 1270 pz)(5), che con rivaroxaban (143 pz trattati con CVE, 142 con cardioversione farmacologica)(6), apixaban (743 CVE su 540pz)(7) ed edoxaban (632 CVE su 365pz)(8). La CVE è stata attuata sia con protocollo “accelerato” che “ritardato”. Non sono state riscontrate differenze significative sulle complicanze tromboemboliche o emorragiche nei pazienti trattati con warfarin o con NOAC o tra quelli che hanno seguito il protocollo “accelerato” piuttosto che quello “ritardato”. E’ stato recentemente pubblicato lo studio internazionale, prospettico, randomizzato ENSURE-AF (Edoxaban versus enoxaparin–warfarin in patients undergoing cardioversion of atrial fibrillation) (9) in cui sono stati arruolati 2199 pazienti, 1095 randomizzati ad edoxaban e 1194 a enoxaparina-warfarin, da sottoporre a CVE. Gli eventi embolici nel gruppo con edoxaban si sono verificati in <1% versus 1% nel gruppo warfarin e le complicanze emorragiche in un numero sovrapponibile (1% in entrambi) e giunge a conclusioni simili allo studio con rivaroxaban, confermando che anche l’edoxaban permette l’attuazione della CVE con un basso rischio di complicanze tromboemboliche ed emorragiche. Nei prossimi mesi è ipotizzabile che anche per edoxaban, che attualmente è rimborsabile per la FANV con i tre criteri AIFA degli altri NOAC, si avrà l’aggiornamento della scheda tecnica con i dati sopra riportati e successivamente l’aggiornamento del PT AIFA on line con il quarto criterio. Nei prossimi mesi anche per apixaban saranno disponibili dati su 1500 pazienti sottoposti a CVE arruolati nello studio EMANATE (10).

In conclusione, grazie ai dati esposti, siamo confortati sulla sicurezza ed efficacia di tutti i NOAC nei pazienti che devono essere sottoposti a CVE ed attualmente con i dati riportati in scheda tecnica per dabigatran, rivaroxaban ed apixaban, siamo supportati nel continuare il trattamento se il paziente lo assume già, in previsione di una CVE (11).




Bibliografia


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Flaker G et al; for the ARISTOTLE Committees and Investigators Efficacy and Safety of Apixaban in Patients After Cardioversion for Atrial Fibrillation Insights From the ARISTOTLE Trial (Apixaban for Reduction in Stroke and Other Thromboembolic Events in Atrial Fibrillation. J Am Coll Cardiol 2014; 63:1082–7.


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Goette A et al. Edoxaban versus enoxaparin–warfarin in patients undergoing cardioversion of atrial fibrillation (ENSURE-AF): a randomised, open-label, phase 3b trial. Lancet 2016; 388: 1995-2003.


Ezekowitz M.D. et al Apixaban compared with parenteral heparin and/or vitamin K antagonist in patients with nonvalvular atrial fibrillation undergoing cardioversion: Rationale and design of the EMANATE trial. AHJ 2016: 179: 59-68


Schede tecniche dei farmaci (dabigatran, rivaroxaban, apixaban, edoxaban).