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Pubblicato: 17/06/2021 da redazione



Il direttore del Centro Cardiovascolare: "Eriksen? Difficile torni in campo"

Dott. Di Lenarda

 

Ne sta parlando tutto il mondo ma che cosa è successo davvero a Christian Eriksen durante il debutto di Danimarca e Finlandia agli Europei? Lo abbiamo chiesto a chi ogni giorno si occupa di patologie cardiache: Andrea Di Lenarda, direttore del Centro Cardiovascolare e della Medicina dello Sport dell'Ospedale Maggiore.


Come spiegarsi quanto capitato a Copenaghen?

E' successo un evento tragico che per pochissimo poteva tramutarsi in tragedia. Eriksen con tutta probabilità ha avuto un arresto cardiaco. Al momento le notizie non sono dettagliate ma se è stato utilizzato il defibrillatore per ripristinare con una “scossa” elettrica un ritmo cardiaco regolare e permettere la ripresa della coscienza ed in sostanza la sopravvivenza, significa che i medici che lo hanno soccorso si sono trovati di fronte ad una fibrillazione ventricolare, l’aritmia alla base della morte improvvisa negli atleti.


Che cosa sarebbe esattamente una fibrillazione ventricolare?

E' una condizione drammatica che in sostanza rende il muscolo cardiaco “fibrillante”, come a dire “tremolante”, senza alcuna possibilità che le sue cellule si contraggano in maniera sincrona e coerente per pompare il sangue a tutti gli organi vitali dell’organismo. Se il cuore non pompa i suoi 5 litri di sangue ossigenato al minuto a riposo, che possono diventare 25-30 durante una partita di calcio per irrorare i muscoli sottoposti ad un enorme lavoro, tutti gli organi soffrono, a partire dal cervello che in 3-5 minuti può subire danni irreparabili.


Perché questo può essere successo?

Non certo per lo sforzo della partita, che sarà stato anche importante, ma per gli atleti sono sforzi di intensità proporzionale agli allenamenti che eseguono quotidianamente. Quella che è impazzita è la stabilità elettrica del cuore, come se si fosse creato un cortocircuito. La causa più frequente è in genere l’infarto miocardico, ma non nei giovani atleti. In questo caso deve essersi trattato di un'anomalia del muscolo stesso, o di tipo infiammatorio - un virus, come quello dell’influenza o il Coronavirus stesso, può causare una “miocardite” ma per fortuna molto raramente - o una malattia genetica del muscolo cardiaco, causata da una mutazione - un errore - nel DNA del soggetto con conseguenti alterazioni, che spesso, ma non sempre, sono riconoscibili agli esami di routine quali visita medica, ECG, ecocardiogramma e test da sforzo. Purtroppo in alcuni casi, e forse quello di Eriksen è uno di questi, tali patologie possono sfuggire anche ai controlli più serrati come quelli dei medici sportivi.


Fortunatamente l'evento non è stato fatale. Bisogna ringraziare qualcuno in particolare?

Dobbiamo gioire di un evento drammatico che si è risolto bene, grazie al fatto che ognuno ha fatto qualcosa di straordinariamente utile, dal liberare le vie aeree da parte di un compagno di squadra, alla rianimazione cardiopolmonare, alla defibrillazione, tutto in tempi molto rapidi. E grazie a questo gioco di squadra il giocatore è tornato a vivere, anche se forse non a giocare. E’ per questo che si richiede e si raccomanda la formazione alla rianimazione cardiopolmonare, ai corsi sull’arresto cardiaco, in tutti gli ambiti, a partire dal mondo sportivo.


Rivedremo Eriksen nuovamente in campo?

Domanda difficile, prima bisogna fare gli approfondimenti necessari. Ma se devo fare una previsione, è poco probabile che una volta manifestatosi un evento di questo tipo miracolosamente risolto, si ripresentino le condizioni di massima sicurezza per farlo rientrare sul terreno di gioco. In genere questi eventi non capitano per caso; una causa sottostante, generalmente severa anche se evidentemente non ancora chiaramente espressa al punto di essere riconoscibile con gli esami, in genere è presente. Ma se ne farà una ragione: il giocatore è sopravvissuto ad un arresto cardiaco. E di questo siamo strafelici.