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Pubblicato: 23/10/2020 da redazione



Cos'è l'Amiloidosi?

Amiloidosi: una malattia dimenticata

L’amiloidosi è una malattia sistemica da misfolding proteicocausata cioè dall’alterato ripiegamento di alcune proteine che perdono la loro struttura e funzione, polimerizzando e precipitando nei diversi organi. Questo materiale amorfo è insolubile e si accumula nello spazio extracellulare portando, in casi estremi, ad incrementi ponderali sensibili (in letteratura descritti aumenti fino a 6 Kg).

Talvolta l’accumulo può interessare un singolo organo (forma isolata), ma più spesso si iscrive in un quadro di coinvolgimento sistemico (cardiovascolare, genitourinario, gastrointestinale, cutaneo, neurologico).

Il coinvolgimento cardiaco, definito Amiloidosi Cardiaca (AC), è la complicanza prognosticamente più rilevante rappresentando la principale causa di morte (scompenso cardiaco ed aritmie maligne).

Nonostante i progressi della farmacologia moderna, l’AC resta una patologia di difficile gestione clinica con degli orizzonti di trattamento attualmente limitati, ma in rapida espansione. Lo strumento più efficace ad oggi è una diagnosi precoce che consenta di iniziare un trattamento mirato.

Nella pratica clinica le forme principali di AC sono: catene leggere (AL), senile (TTR wild type) e transtiretina mutata (TTR mutated).

Quando sospettare una amiloidosi?

In un’epoca di medicina fast e high tech in cui l’esame strumentale talvolta precede il dialogo con il malato, la raccolta della anamnesi può sembrare un esercizio anacronistico e poco utile. In realtà è uno degli strumenti diagnostici più importanti a nostra disposizione, richiede tempo e arte, ci riavvicina ai malati e ad una dimensione più umana del mestiere. La storia di un Paziente con amiloidosi è spesso ricca di elementi suggestivi che possono precedere di diversi anni l’esordio clinico conclamato (es. sindrome del tunnel carpale precede di 5-9 anni la diagnosi di AC da TTR).

L’accumulo di amiloide nel sistema vascolare può determinare fragilità capillare con formazione di piccole petecchie o soffusioni dopo traumi di minima entità e l’alterazione della cascata coagulativa secondaria al coinvolgimento epatico può contribuire al lento riassorbimento degli ematomi. L’epatomegalia del fegato amiloidotico ha una consistenza duro-lignea ed indolente alla palpazione diversamente da quella compatta e a volte dolente del paziente scompensato con stasi venosa. Una splenomegalia è spesso rilevabile.

Manifestazioni rare, ma fortemente suggestive sono la macroglossia falsa da infiltrazione exracellulare (10-20% dei casi), la disfonia secondaria a neuropatia disautonomica (es. nervo laringeo ricorrente) e le porpore periorbitali bilaterali (“segno del procione”).

Il rene è una sentinella preziosa. La forma AL presenta con un coinvolgimento renale pressochè costante a differenza di quanto accade nella forma TTR. Edemi declivi bilateralidolore al fianco da trombosi venosa ed urine diluite di colore giallo chiaro con basso peso specifico possono essere riscontrate nella amiloidosi renale.

Linfoadenomegalie superficiali e profonde non dolentidolori ossei cronici e lunghi tempi di guarigione dopo malattie infettive sono secondari alla presenza di cloni plasmacellulari con attività litica cronica ossea e di disregolazione del sistema immunitario (scarsa produzione delle immunoglobuline complete), talvolta con evoluzione a mieloma multiplo od altre neoplasie ematologiche.

Le neuropatia periferica da accumulo può causare sindrome del tunnel carpale, anche bilaterale, parestesie agli arti inferiori, disturbi della sensibilità termo-dolorifica con dolori urenti distali e disestesie ad andamento centripeto. La disfunzione motoria quando presente è solitamente più tardiva.

La presenza di neuropatie periferiche in diversi membri della stessa famiglia pone il sospetto di una forma genetica come accade nella polineuropatia amiloidotica familiare (FAP) da transtiretina mutata. In questa patologia il coinvolgimento cardiaco è possibile, seppur poco frequente.

Palpitazioni sostenute da aritmie ipercinetiche (es. flutter o fibrillazione atriale), dolore toracico anche con caratteristiche tipiche per forma ischemica cardiaca da interessamento del microcircolo coronarico e sincopi ricorrenti con ipotensione ortostatica, disfunzione del sistema nervoso autonomo o infiltrazione del nodo del seno sono tra le principali manifestazioni di un coinvolgimento cardiaco subdolo.

La presentazione fenotipica più frequente è lo scompenso cardiaco di nuova insorgenza, prevalentemente del cuore destro, in ventricoli ipertrofici non dilatati (almeno in fase iniziale), con disfunzione diastolica di diversa severità e segni di congestione venosa sistemica (turgore giugulare, epatomegalia ed edema declive bilaterale). In questo stadio il coinvolgimento cardiaco è conclamato e l’aspettativa di vita significativamente ridotta (6 – 12 mesi dall’esordio dello scompenso in Pazienti non trattati). Questo è particolarmente frequente nel sottotipo AL, mentre le forme TTR hanno prognosi migliore (circa 70 mesi), seppur sempre nel contesto di una patologia grave. Altre forme di presentaizone cardiaca possono essere stenosi della valvola aortica severe o a basso flussoe basso gradiente (low-flow low-gradient) o Pazienti con precedente diagnosi di Cardiomiopatia Ipertrofica.

Quali esami mettere in campo per la diagnosi?

Tra gli esami bioumorali di primo livello gli indici di funzione renale (urea, creatinina, elettroliti), proteinuria di Bence-Joneselettroforesi siero-proteica (alterata nel 60- 70%) e beta 2 - microglobulina sono certamente preziosi consentendo di definire un eventuale coinvolgimento renale. Nel sospetto di forma AL la diagnosi si avvale della immunofissazione sierca ed urinaria e del dosaggio delle catene leggere libere plasmatiche. Questi parametri usati in combinazione consentono di identificare la presenza di un’attività clonale midollare con una sensibilità del 99%. Un incremento isolato di catene leggere libere nel siero non è condizione sufficiente per la diagnosi dal momento che fino al 5% della popolazione > 65 anni presenta una MGUS.

Nella forma TTR invece non esiste un test diagnostico di primo livello. Il dosaggio della transtiretina circolante non è infatti affidabile per la diagnosi. Al contrario, una storia familiare di amiloidosi TTR, neuropatie periferiche o cardiopatie a fenotipo ipertrofico sono elementi da valorizzare per la diagnosi di ATTR.

I biomarcatori di attivazione neuro-ormonale riflettono il grado di coinvolgimento cardiaco, ma richiedono una lettura critica. Un incremento dei livelli sierici di BNP e NT-proBNP “out of proportion” rispetto al grado di scompenso emodinamico dei Pazienti sono elementi suggestivi di amiloidosi.

Il dosaggio delle catene leggre libere nel sangue, BNP o NT-proBNP, i valori di troponina e della clearance della creatinina sono parametri utilizzati nella pratica clinica per stimare il rischio di eventi e la prognosi dei Pazienti con forma AL e TTR.

L’impiego di metodiche di primo livello come elettrocardiografia ed ecocardiografia Doppler-dipendente e Doppler- indipendente (speckle tracking analysis) consente di aumentare la nostra accuratezza diagnostica. Il quadro tipico è rappresentato da ventricoli con pareti di spessore aumentato in associazione a bassi voltaggi precordiali o periferici all’ECG di superficie. L’apparente contrasto dei dati è spiegato dall’infarcimento miocardico di amiloide che non ha proprietà di conduzione elettrica e conduce ad una falsa ipertrofia del cuore. Nella maggior parte dei casi la diagnosi è bioptica. La dimostrazione di depositi amiloidi in distretti diversi da quello miocardico (grasso periombelicale, ghiandole salivari, rene, mucosa rettale, midollo osseo) in presenza di cardiopatia strutturale o scompenso cardiaco conclamato o di riscontro di depositi alla biopsia endomiocardica consente di porre diagnosi di certezza. Attualmente la diagnosi può essere raggiunta anche con metodiche non invasive di Medicina Nucleare, come la scontigrafia miocardica con tracciante osseo, a patto di escludere la presenza di una componente monoclonale sierica ed urinaria. Per motivi largamente ancora ignoti, il tracciante osseo si accumula nel cuore svelando la presenza di un deposito di sostanza amiloide. Nel caso di un deposito cardiaco di grado moderato-elevato (Perugini 2 – 3) la diagnosi di amiloidosi TTR può essere posta senza necesità di caratterizzazione tissutale con biopsia. Anche la risonanza magnetica cardiaca è uno strumento diagnostico prezioso, specilmente grazie al comportamento peculiare di alcuni parametri (tempi d’inversine miocardico, volume extracellulare ed mapping).

Amiloidosi: una malattia genetica?

La amiloidosi da TTR mutata era in passato denominata “amiloidosi ereditaria”. La presenza di alcune mutazioni genetiche a carico della TTR sono state associate a specifici quadri di presentazione clinica (es. prevalentemente neurologici, cardiologici o misti). Inotre alcune forme di amiloidosi TTR sono causate da mutazioni più “aggressive” che determinano una rapida disfunzione degli organi coinvolti in età precoce (< 50 anni). Gli esperti raccomandano di eseguire il test genetico per ricerca di mutazioni della TTR in tutti i Pazienti con diagnosi di amiloidosi TTR pe distinguere tra forma wild type e forma mutata, anche in considerazione della possibilità di screening dei familiari del Paziente.

Conclusione

L’amiloidosi è una malattia eterogenea e per questo conosciuta come “la grande imitatrice”. A causa della sorprendente variabilità dei fenotipi di presentazione la diagnosi richiede un elevato livello di sospetto e la ricerca attenta di segni e sintomi deve essere corroborata da esami di laboratorio ed indagini strumentali mirati ad un preciso quesito clinico. Questa malattia ricorda a tutti noi di affrontare il nostro lavoro con umiltà ed con spirito di collaborazione tra Colleghi. Una maggiore consapevolezza della malattia è il primo passo per una diagnosi precoce ed una migliore assistenza. Questo è un punto fondamentale soprattutto alla luce delle nuove terapie in grado di incidere sulla storia naturale della malattia ed incrementare la sopravvivenza dei Pazienti.


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Dott. Aldostefano Porcari

Specializzando in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare

Trieste