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Pubblicato: 16/12/2016 da



MORTE IMPROVVISA NEI GIOVANI ATLETI: MOLTO DA CONOSCERE del Prof. Gianfranco Sinagra

Vivere quotidianamente l’impegno e l’entusiasmo per il progresso della medicina e del concreto aiuto che ogni anno sentiamo di dare a migliaia di pazienti di Trieste e di altre provincie e regioni d’Italia e sentirsi disarmati di fronte ai familiari, che chiedono di capire perché, nel pieno della vita, muore improvvisamente un giovane meno che ventenne durante una competizione agonistica!


Ad ottobre abbiamo tenuto con Mauro Giacca un seminario per gli specializzandi dell’università di Trieste ed i ricercatori di ICGEB. Mauro, con l’entusiasmo del ricercatore autorevole ed affermato, enfatizzava un certo stallo di conoscenze nel campo dello scompenso cardiaco ed io difendevo invece i progressi ottenuti, la complessità del problema e dei pazienti del mondo reale ed un chiaro abbattimento del rischio di eventi che si è realizzato negli ultimi 20 anni e che ha portato ad un miglioramento dello stato clinico e del rischio di eventi per pazienti una volta destinati a grave disabilità ed alto rischio di ospedalizzazioni e mortalità. Oggi, da malati di scompenso, si vive certamente meglio per molti anni e più a lungo ma Mauro enfatizzava giustamente il bisogno di miglioramento delle cure, di ripopolamento del cuore facendo proliferare le stesse cellule che vi risiedono, per consolidare il miglior benessere dei pazienti ed il prolungamento della loro vita. Tutto vero e giusto. E’ sperabile che si approdi anche alla cura dei malati ma intanto lasciamo che la ricerca progredisca e che tanti giovani e qualificati ricercatori vi contribuiscano con determinazione, realismo ed entusiasmo. Questa attesa di crescere in conoscenza e miglioramento delle cure mi è ritornata di fronte al volto straziato dei giovani genitori che cercano di capire: io e la scienza, però, possiamo dare solo risposte parziali. L’arresto cardiaco extraospedaliero è la terza causa di morte nelle nazioni industrializzate.


Dopo un arresto cardiaco extraospedaliero, la percentuale totale di sopravvivenza è attualmente del 2-10 %. In Europa e negli Stati Uniti nel complesso, 700.000 persone muoiono ogni anno per questo motivo. L’incidenza di morte improvvisa nei giovani (12-35 anni) è stimata intorno allo 0,4/100.000 persone anno. In Italia le attività più frequentemente associate sono state calcio, basket e nuoto. La patologia coronarica e le cardiomiopatie sono le cause più frequenti. In un recente lavoro pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of the American College of Cardiology, un ricercatore della nostra Regione, Gherardo Finocchiaro, che si è formato all’università di Trieste e che adesso opera al St. George Hospital di Londra, ha osservato una prevalenza di cuori “normali” all’autopsia del 56% sotto i 18 anni e 26% sopra i 35 anni. Sotto i 18 anni la causa prevalente era un’origine anomala delle coronarie (11%), sopra i 35 anni fibrosi o ipertrofia miocardica (26%). Alcuni dei disordini causa di morte improvvisa si verificano pertanto su cuori strutturalmente apparentemente sani, a causa di disordini genetici che alterano i canali di membrana e le proprietà bioelettriche delle cellule cardiache, innescando aritmie maligne.


La prevenzione, per quanto possibile, passa attraverso stili di vita sani, l’astenzione da ogni sostanza tossica, dopante o eccitante ed attraverso le visite di idoneità sportiva. Una serie di provvedimenti legislativi ed il DL 158 del 13 settembre 2012 (Decreto Balduzzi) e successive modificazioni prevedono vari gradi di certificazione. Queste certificazioni vengono rilasciate ad intervalli variabili a seconda dell’intensità d’impegno e si basano sull’attenta anamnesi personale e familiare, Elettrocardiogramma (ECG) ed in alcuni casi ECG contemporaneo a test gradini per 3 minuti. A discrezione del medico vengono prescritti altri esami come l’ecocardiogramma, la prova da sforzo o l’esame Holter.


Torniamo all’arresto cardiaco e ai suoi esiti. Preso atto che può insorgere in maniera inattesa, molte vite potrebbero essere salvate se un maggior numero di soccorritori “laici” fossero in grado di praticare immediatamente la rianimazione cardiopolmonare, intanto che giunge il team dei sistemi medici d’emergenza (EMS).


Fino al 70% degli arresti cardiaci extraospedalieri è testimoniato da membri della famiglia, da amici o da altri astanti. La rianimazione cardiopolmonare effettuata dai presenti aumenta la percentuale di sopravvivenza del paziente da due a quattro volte. Tuttavia, le percentuali di rianimazione cardiopolmonare effettuata dagli astanti arrivano intorno al 60-80% solo in pochi paesi mentre nella maggior parte degli stati la percentuale è ben al di sotto del 20%.


Nella città di Stavanger (Norvegia, 2001-08), dove la percentuale di arresti cardiaci da cosiddetti ritmi defibrillabili è del 44 %, il 64% degli eventi si verifica nelle proprie abitazioni o uffici ed il 74 % è testimoniato da astanti. Quando si è passati da una rianimazione da parte degli astanti del 60 % (già molto alta) al 73%, la sopravvivenza alla dimissione è salita dal 18 al 25%, con esiti neurologici favorevoli dal 15 al 22%.


Ciò è avvenuto, a parità di intervento del sistema di emergenza e di sanità intraospedaliera, grazie a:


1. la diffusione dell’educazione sulla rianimazione cardiopolmonare nelle scuole, comunità ed organizzazioni di volontari;


2. l’istruzione telefonica sulla rianimazione agli astanti che contattavano il sistema emergenza (disptach-CPR);


3. la diffusione dell’accesso ai defibrillatori semiautomatici (Public Access AED; PAD).


A questi temi, da 40 anni, l’Associazione Amici del Cuore è attenta, supportando i corsi sull’arresto cardiaco nelle scuole e comunità. Tali corsi sono stati negli anni aggiornati in metodologia e strumenti didattici.


A Trieste (2011-15), città con profilo demografico caratterizzato da elevata percentuale di anziani e da cronicità, il 22 % degli arresti categorizzati come “cardiocircolatori” è secondario a ritmi defibrillabili, il 63% si verifica a casa, il 61% è testimoniato, solo il 19% viene rianimato (il 2% è trattato con un defibrillatore esterno) ed il 10 % sopravvive alla dimissione.


Giungere in ospedale avendo recuperato funzioni vitali non vuol dire essere neurologicamente integri. Essere sottoposti, come accade in area triestina, a programmi intensivi di diagnosi, gestione della temperatura, supporto agli organi, eventuali procedure invasive non vuol dire sopravvivere anche se può aprire il campo alla possibile donazione d’organo.


Sono convinto che la disponibilità e diffusione dei defibrillatori semiautomatici abbia un ruolo importante ma sono altrettanto convinto che la formazione, il riconoscimento e la gestione dell’arresto cardiaco, obbligatoria a livello nazionale, a partire dai bambini in età scolare, abbia il massimo impatto sul miglioramento della percentuale di rianimazioni cardiopolmonari effettuate dagli astanti, capaci di garantire in ogni contesto nelle more della defibrillazione il supporto al circolo ed alla funzione degli organi vitali. Questo approccio formativo sembra essere la strada migliore per raggiungere l’intera popolazione. Le percentuali più alte di rianimazione cardiopolmonare effettuata dagli astanti si registrano in alcuni paesi scandinavi nei quali l’insegnamento della rianimazione cardiopolmonare ai bambini in età scolare è obbligatorio da decenni, e questo concetto si sta diffondendo.


Per supportarla, la World Health Organization (WHO) ha approvato nel 2015 la dichiarazione “Kids Save Lives”, un documento proposto congiuntamente da European Resuscitation Council (ERC), European Patient Safety Foundation (EPSF), International Liaison Committee on Resuscitation (ILCOR) e World Federation of Societies of Anesthesiologists (WFSA). Questa dichiarazione raccomanda l’inserimento di due ore di formazione all’anno sulla rianimazione cardiopolmonare nei programmi di tutte le scuole del mondo per i ragazzi a partire dall’età di 12 anni. A questa età, infatti, i bambini sono maggiormente recettivi alle istruzioni che vengono loro fornite e possono apprendere più facilmente come aiutare gli altri. Iniziare in giovane età significa fare sì che la rianimazione cardiopolmonare possa diventare come nuotare o andare in bicicletta: i bambini non dimenticheranno come si salva una vita.


I professionisti sanitari, gli insegnanti formati ad insegnare la rianimazione cardiopolmonare e altre figure possono trasmettere con successo queste conoscenze ai bambini in età scolare funzionando tutti quanti come moltiplicatori e garantendo periodici aggiornamenti man mano che si progredisce negli anni. La conoscenza della rianimazione cardiopolmonare e delle sue tecniche possono essere diffuse ulteriormente, con meccanismo moltiplicatore.


In Italia la legge 13 luglio 2015, n. 107, “Riforma della scuola - La Buona scuola”, all’ art. 1, comma10 prevede che “nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado sono realizzate, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, iniziative di formazione rivolte agli studenti, per promuovere la conoscenza delle tecniche di primo soccorso, nel rispetto dell’autonomia scolastica, anche in collaborazione con il servizio di emergenza territoriale 118 del Servizio sanitario nazionale e con il contributo delle realtà del territorio”.


Il Decreto ministeriale 18 marzo 2011 “Determinazione dei criteri e delle modalità di diffusione dei defibrillatori semiautomatici esterni di cui all’art. 2 co. 46 della legge n. 191/2009”, promuove la realizzazione di programmi regionali per la diffusione e l’utilizzo dei DAE, indicando i criteri per l’individuazione dei luoghi, degli eventi, delle strutture e dei mezzi di trasporto dove deve essere garantita la loro disponibilità, nonché la modalità di formazione degli operatori addetti.


La regione FVG si è adeguata con la Delibera 1014-2014 attraverso la pubblicazione del programma regionale per la diffusione e l’utilizzo dei DAE.


In sintesi: 1) aiutiamo la ricerca, per caratterizzare, in particolare nei giovani, meccanismi di arresto e strategie di caratterizzazione e prevenzione; 2) educhiamo le comunità, fin dalle scuole, alla cultura del riconoscimento e trattamento dell’arresto cardiaco; 3) dedichiamo impegno e risorse istituzionali alla formazione del personale che opera dove vi è aggregazione di persone o promozione di adunanze o attività sportive; 4) utilizziamo al meglio le risorse del volontariato come l’Associazione Amici del Cuore nel promuovere la diffusione di questa cultura; 5) favoriamo e governiamo il processo di rapida implementazione della disponibilità di defibrillatori semiautomatici garantendo la massima informazione, formazione ed accessibilità; 6) monitoriamo e implementiamo costantemente le organizzazioni sanitarie; 7) non demonizziamo lo sport sano per il suo ruolo fondamentale per la crescita dell’individuo e delle società.


Facciamo tutto ciò mossi dalla tragicità di eventi ma consapevoli di poterli trasformare in opportunità di promozione alla vita attraverso l’educazione di comunità.