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Pubblicato: 11/05/2016 da



IL CUORE NEL MONDO: un cocktail storico-sentimentale

L’immagine del cuore attraverso i secoli: dalla concezione magico-religiosa a quella empirico-razionale


Autori: Vjerica Lukic, Sabrina Egman, Giuseppina Maura Francese, Massimo Imazio, Mauro Mennuni, Donatella Radini, Fabiola Sanna, Sonia Tosoni.

 

Dev’essere il ritmo regolare del suo battito a dare al cuore i significato simbolico di centro vitale dell’essere umano. Il luogo dove tutto inizia e tutto finisce. Misterioso, sacro, inviolabile. Con quel incessante palpito che scandisce il tempo della vita e ne decreta irrimediabilmente la fine, sin dagli albori della civiltà il cuore è stato considerato un organo speciale al di sopra delle altre parti del corpo. La storia che, attraverso i secoli, ha portato ai veri e propri miracoli della cardiologia moderna è lunga e affascinate, segnata da protagonisti che hanno sfidato l’ignoto, rischiato, osato, per conquistare nuovi traguardi per l’umanità.

Il cuore venne disegnato per la prima volta 30 mila anni fa, in una grotta del nord della Spagna: i cacciatori dipinsero il re degli animali e tracciarono in rosso l’esatta posizione anatomica del suo cuore, dimostrando di sapere che esso era un organo vitale da compire con le loro lance.

Gli antichi egizi attribuivano al cuore un forte valore simbolico, considerato organo essenziale per la vita, lo spirito, l’anima e la ragione. Era l’unico organo interno che rimaneva nel corpo dopo l’imbalsamazione, a dimostrazione che questo muscolo era da tempo associato alla vita stessa, terrena o immortale che fosse. Credevano che dopo la morte l’anima giungesse dinnanzi ad Osiride, che ne pesava il cuore su una bilancia: se durante la vita l’individuo non aveva commesso colpe, il cuore era leggero come una piuma e l’anima entrava nel regno degli dei; altrimenti, se il cuore era pesante, veniva divorata da un mostro.


Secondo gli ebrei e la Bibbia, Dio aveva un cuore molto umano. Oltre a rappresentare la sfera affettiva, emotiva e sentimentale, il cuore della Bibbia include anche tutte le forme della vita intellettiva e interiore, dalla saggezza alla volontà, dall’etica all’intelligenza.


Nel libro Nei Tsing, opera dell’imperatore Huang Di (2697-2597 a.C.), vi sono passi da cui si desume che nell’antica Cina il concetto di circolazione del sangue era già presente e che nella medicina antica cinese l’esame del polso era già considerato tra gli aspetti più utili alla diagnosi. I cinesi credevano che il cuore fosse l’organo principale del corpo: l’organismo umano veniva considerato come una copia in miniatura dell’universo, di cui il cuore era l’imperatore, racchiuso all’interno del suo palazzo fortificato rappresentato dalla gabbia toracica. Ritenevano anche che il cuore fosse costituito da due cavità, ma che un uomo altamente dotato potesse arrivare ad averne fino a sette, mentre un ignorante doveva possederne soltanto una e piccola. Racchiudeva inoltre anche l’intelletto: l’ideogramma della parola cuore (Xin) significa, tra l’altro, mente. Disegnato proprio come un cuore anatomico, con la punta a sinistra e i vasi sanguigni che fuoriescono (fig 1).


Il cuore era al centro della vita rituale degli Aztechi, ma in modo piuttosto macabro. I prigionieri di guerra venivano sacrificati alla divinità solare. In cima alle piramidi i sacerdoti estraevano i loro cuori e li donavano alla divinità. Essi ritenevano che il cuore, trovandosi al centro del corpo come il sole al centro dell’universo, potesse alimentare la forza degli dei.


Fu con la medicina del periodo greco classico ed in particolare con Ippocrate (460-370 a.C.) che l’approccio nei confronti del funzionamento del cuore si avvalse di visioni maggiormente empirico-razionale, dopo secoli in cui era stato considerato in modo magico-religioso. Fu poi il filosofo Aristotele che identificò in esso l’organo più importante del corpo. Lo descrisse come centro della vitalità, dell’intelligenza e delle emozioni, formato da tre camere. Ma si deve a Galeno, medico personale dell’imperatore romano Marco Aurelio, nel II secolo d.C., la concezione dell’apparato cardiovascolare che avrebbe dominato incontrastata per 1300 anni. Galeno riteneva che il sangue si producesse con il cibo a partire dal fegato, da lì arrivasse al cuore, combinandosi con gli “spiriti vitali” dell’aria dei polmoni e quindi si distribuisse in tutto il corpo. Costruì un impianto di osservazioni formidabili, dimostrò che le arterie trasportavano sangue e non aria come si era pensato per almeno 400 anni, ma fece anche molte assunzioni anatomiche sbagliate, per esempio che il cuore avesse solo due camere e ci fossero dei forellini tra il ventricolo destro e quello sinistro per il passaggio di sangue e immaginò che l’espansione e la contrazione del cuore fossero l’espressione dell’intelligenza in esso insita. Furono messi al rogo coloro che misero in discussione questa visione in quanto ritenuta ispirata direttamente a Dio.


A lungo la conoscenza dell’anatomia e della fisiologia del cuore rimase avvolta nel mistero, essendo la dissezione umana proibita in virtù dell’infallibilità ascritta alle dottrine classiche. Bisogna aspettare il 1628 per stabilire finalmente i fondamenti della circolazione sanguigna così come oggi la conosciamo, dal funzionamento delle valvole cardiache fino ai capillari. Merito di un merito inglese, William Harvey, che sulla scorta dei grandi anatomisti del Rinascimento, Vesalio e Leonardo Da Vinci, confutò le concezioni galeniche e il cuore fu posto al centro del circolo vascolare, aprendo le porte al metodo scientifico galileiano in cardiologia. Da quel momento presero il via le osservazioni sperimentali su cadavere che permisero di descrivere le maggiori malattie del cuore, come angina pectoris, aneurisma, trombosi, pericardite.


Nel secolo dei Lumi (XVIII sec) le varie branche della conoscenza umana cominciarono a strutturarsi, fondandosi su una metodologia scientifica riconosciuta e condivisa. Lo sviluppo della neurologia e della psicologia consentirono di trasferire la ragione, le emozioni e i sentimenti dal cuore alla mente. Ma, sebbene la medicina del XIX e XX sec. abbia descritto nei dettagli la fisiologia dell’apparato cardiovascolare, nella coscienza comune dell’uomo contemporaneo il cuore continua a rivestire una funzione che va al di là di quella di semplice “pompa del sangue”. Ne è una prova chiara il gran numero di espressioni comunemente impiegate, le quali fanno riferimento al cuore come al luogo più intimo e misterioso del cuore, dove sentimenti ed emozioni trovano la loro sede di formazione e di sviluppo.


Ma cosa ha a che fare tutto ciò con l’invasione di cuoricini che ci circonda? Perché il cuore è stato abbinato proprio a questa forma che somiglia ben poco all’organo vero e proprio?


L’ipotesi più probabile è che la sagoma del cuore sia ispirata alla forma del silfio (silphium), un frutto ormai estinto che cresceva in una zona costiera dell’attuale Libia il cui seme aveva, appunto, la forma di un cuore (fig 2). A causa della sua rarità il frutto era molto ricercato e la sua forma veniva impressa come decorazione sulle monete. Si credeva che il silfio avesse proprietà anticoncezionali e per questo sia stato usato come antenato della pillola.


Peccato che l’idea odierna, un po’ leziosa del “cuoricino rosso” abbia offuscato l’antico valore di amuleto della forma a cuore (fig 3).